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Responsabilità medica: è reato se il primario non compila la cartella clinica

Quando il medico redige la cartella clinica del paziente agisce quale pubblico ufficiale e, pertanto, nell'ipotesi di omessa compilazione, risponde del reato di rifiuto di atti d'ufficio.

E' questo quanto accaduto ad un primario, responsabile di un reparto di ortopedia, per non aver completato un numero rilevante di cartelle cliniche (Cass. Pen. n. 6075/2015).

 

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La fattispecie del rifiuto di atti d'ufficio

In gergo, il delitto di rifiuto di atti d'ufficio è detto proprio, perchè può essere commesso solo ed esclusivamente da un soggetto specifico, dotato di particolari qualità e non da altri.

L'art. 328 c.p., infatti, richiede che l'agente debba necessariamente essere un pubblico ufficiale (come il medico pubblico o privato convenzionato), in quanto esercita una funzione di carattere amministrativo, connessa (nel caso delle cartelle cliniche), ad un potere di natura certificativo (art. 357 c.p.).

Secondo l'art. 328 c.p., poi, il delitto in questione si configura a fronte di un indebito rifiuto del pubblico ufficiale ad un atto che gli compete (del suo ufficio) che deve essere compiuto senza indugio, per ragioni di giustizia, o di sicurezza pubblica o di ordine pubblico o, ancora, di igiene e sanità.

Il rifiuto e la cartella clinica

Che la cartella clinica sia un atto pubblico e che il medico acquisti la qualifica di pubblico ufficiale, è un dato oramai pacifico in giurisprudenza, tanto è che molte sono le pronunce che riconoscono la responsabilità penale dei medici, quando questi dichiarano il falso nelle cartelle cliniche. Con la sentenza in commento, la Corte di Cassazione ha avuto modo di chiarire che la compilazione della cartella clinica è un atto da compiersi senza ritardo.

Per inciso, a “rischiare” maggiormente sono i medici primari o, come vengono definiti oggi, i Direttori di Strutture Complesse, poiché è su di loro che grava principalmente la responsabilità della regolare compilazione delle cartelle cliniche (art. 7, D.p.r. 128/1969), ma ciò non esclude che anche i medici ad essi sottoposti, siano ugualmente responsabili in caso di omissioni di carattere personale.

La cartella clinica descrive in modo cronologico, tutti gli interventi effettuati sul paziente. Consente, quindi, anche a distanza di tempo, “la ricostruzione dell'appropriatezza degli interventi, per valutarne gli effetti, la possibile sinergia con ulteriori iniziative sanitarie e, quindi, consentire l'adeguatezza di queste ultime”.

Ne consegue la sua spiccata vocazione a tutelare la salute del paziente che integra l'atto sanitario descritto nell'art. 328 c.p., nonché la conseguenziale necessità che venga compilata senza ritardo, vale a dire, contestualmente al verificarsi del singolo evento.

E' il diritto alla salute (art. 32 della Costituzione), che deve essere tutelato e dal quale discende il conseguenziale diritto alla ricezione tempestiva degli atti in qualsiasi momento il paziente ne abbia bisogno.

I Giudici della Suprema Corte, consapevoli che tale richiesta potrebbe anche arrivare a distanza di tempo dalla materiale formazione della cartella, ritengono ugualmente che quest'ultima, comunque, debba essere messa immediatamente a disposizione del paziente, anche in assenza di una emergenza sanitaria. Di qui la necessità che le cartelle cliniche vengano tenute e compilate a dovere e per tempo.

Ma la Corte di Cassazione è andata oltre!

Ha infatti ritenuto che il diritto alla ricezione tempestiva degli atti sia un diritto che non possa essere neanche condizionato, poiché frutto della commistione del diritto alla salute con il diritto alla privacy, che consente al paziente di avanzare la propria richiesta anche senza specificare i motivi e come intende impiegare la cartella clinica.

Al medico, dunque, non spetta altro che compilare la cartella clinica contestualmente al verificarsi dei singoli eventi, anche se questo gli produrrà lo scarrocciamento (più o meno lungo) del termine del suo turno, oggi come oggi, difficilmente riconosciuto come straordinario.

Avvocato Gennaro Marasciuolo del Foro di Trani

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