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Responsabilità medica: Milano è per i medici, Brindisi no!

In questi giorni si è riaccesa la discussione sul tipo di responsabilità astrattamente imputabile al medico qualora incorre in un errore.

Complici di questo ritorno di fiamma, forse mai assopito, sono due sentenze, la prima del Tribunale di Milano e la seconda del Tribunale di Brindisi, che interpretano in maniera diametralmente opposta fra loro l'art. 3, primo comma della Legge 189/2012, la c.d. Legge Balduzzi.

Secondo il Tribunale di Milano, tale normativa imputerebbe ai medici, che non stipulano alcun contratto con i pazienti, la responsabilità di tipo extracontrattuale (o aquiliana), mentre per il Tribunale di Brindisi, come più volte ribadito dalla Corte di Cassazione sin dal 1999, permarrebbe la responsabilità di tipo contrattuale, facendo riferimento al concetto di “contatto sociale”.

Il pomo della discordia, quindi, è rappresentato proprio dall'art. 3, primo comma della Legge Balduzzi che, andando ad escludere la responsabilità penale dell'esercenti la professione sanitaria in caso di colpa lieve, ha comunque fatto salvo, in questa ipotesi, la possibilità per il danneggiato di agire in giudizio, in virtù dell'art. 2043 c.c., norma cardine della responsabilità extracontrattuale.

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La responsabilità del medico

Quanto scritto sopra, per i non addetti ai lavori apparirà indecifrabile come l'aramaico antico. Cerco, quindi, di fare chiarezza sul tema.

Il medico è un professionista e se commette un errore, come qualsiasi altro professionista, è chiamato a rispondere.

Può rispondere sia penalmente (ad es. per omicidio colposo o per lesioni colpose) che civilisticamente (sostanzialmente per risarcire i danni).

Ci sono dei medici con i quali il paziente stipula un contratto: chi va dal dentista o dal chirurgo plastico, conclude un vero e proprio contratto.

Ne consegue che in capo al dentista o al chirurgo, in caso di errore, sorgerà una responsabilità di tipo contrattuale e si parlerà, più propriamente di inadempimento.

Lo stesso tipo di responsabilità è astrattamente imputabile alla struttura ospedaliera, indipendentemente se si tratta di una struttura privata o pubblica.

Fra il paziente, infatti e la struttura sorge, secondo anche quanto chiarito più volte dalla giurisprudenza, un contratto per il semplice fatto che il primo si presenti, ad esempio all'ospedale e chieda una prestazione di tipo sanitario.

Si parla, a tal proposito, di contratto di spedalità: un contratto atipico (non disciplinato da alcuna norma), che implica per la struttura sanitaria la somministrazione di cure mediche e chirurgiche, così come prescritto dalla Legge 833/1978, oltre che l'esecuzione di prestazioni come la messa a disposizione di personale medico ausiliario e di personale paramedico, di medicinali, nonché di tutte quelle prestazioni tipicamente di carattere alberghiero.

La struttura, dunque, risponde per inadempimento:

1) se è lei stessa a non adempiere (ad es. per la sua inefficienza nell'organizzazione), troveranno applicazione gli artt. 1218 c.c. e seguenti;

2) se è il medico a commettere un errore, la struttura risponderà sempre a titolo di responsabilità contrattuale, ma più specificatamente ai sensi dell'art. 1228 c.c. quale debitore che si è avvalso, per adempiere alla propria obbligazione, di un ausiliario.

Allora, il medico dipendente di una struttura ospedaliera, se sbaglia, a che titolo risponde?

A titolo di responsabilità contrattuale o extracontrattuale?

Una cosa è certa, fra il paziente e il medico, in questo, caso non viene sottoscritto o concluso alcun contratto, sarebbe logico pensare, dunque, che si tratti di responsabilità extracontrattuale … ma, invece, dal 1999, non è così!

E' stata la giurisprudenza della Suprema Corte, infatti, ad accogliere la tesi della sussistenza della responsabilità contrattuale derivante dal contatto sociale che si instaura fra paziente e medico, chiamato ad adempiere in favore del primo in ordine ad una prestazione che è stata convenuta fra quest'ultimo e la struttura sanitaria.

Occhio: si parla di CONTATTO SOCIALE e non, come dice qualche facilone, CONTRATTO SOCIALE!!!

La fonte delle obbligazioni del medico, dunque, discende da questo particolare contatto, il cui contenuto non consiste nella protezione del soggetto debole, il paziente, ma più propriamente in una serie di prestazioni che si modellano su quelle del contratto d'opera professionale ed alle quali il medico è tenuto, in virtù dell'esercizio della propria attività nell'ambito dell'ente ospedaliero.

Dal 1999 al 2012 i criteri testé riportati erano diventati pacifici, ma con la legge Balduzzi che richiama l'applicazione dell'art. 2043 c.c. e, quindi, la norma cardine della responsabilità extracontrattuale, il Legislatore ha minato ogni certezza (anche se stiamo in campo giuridico, dove nulla è certo come in matematica!).

Ma perchè affannarsi a incasellare la responsabilità del medico in una delle due fattispecie?

In che cosa consistono le differenze fra la responsabilità contrattuale e quella extracontrattuale?

ONERE DELLA PROVA

Responsabilità contrattuale: secondo quanto desumibile dagli artt. 1218 c.c. e seguenti, il paziente, che assume di essere stato danneggiato, vestendo la casacca del creditore, deve solo provare l'esistenza della fonte delle obbligazioni, il contratto stipulato con il debitore, oltre che la sussistenza del danno, dovendo solo allegare, cioè descrivere, l'inadempimento posto in essere da quest'ultimo.

Per il paziente, quindi, basta provare il danno, l'esistenza del contratto con il medico o con la struttura ospedaliera (basta la cartella clinica) e descrivere l'inadempimento della struttura e/o del medico.

Se ci si riferisce alla tesi del contatto sociale, nel caso del medico dipendente della struttura ospedaliera, non sorgono grossi problemi, poiché al paziente basterà provare il suo ricovero nella struttura, oltre che il danno subito.

Il debitore (struttura o medico) deve, invece, provare o di aver adempiuto o che l'inadempimento non gli può essere addebitato, perchè dipeso da una causa a lui non imputabile.

Responsabilità extracontrattuale: l'onere della prova grava maggiormente sul creditore-danneggiato, il quale dovrà provare:

1) l'esistenza e non solo allegare (descrivere) il fatto, vale a dire, la condotta del debitore-danneggiante;

2) il danno subito;

3) il nesso di causalità, il particolare legame che unisce il fatto (la condotta del medico) e il danno subito.

Il debitore, quindi, deve giocare di “rimessa”, perchè è il creditore a dover provare, in giudizio, tutto quanto da possa emergere la malpactrice medica.

TERMINI DI PRESCRIZIONE

Responsabilità contrattuale: è di 10 anni (art. 2946 c.c.)

Responsabilità extracontrattuale: è di 5 anni (art. 2947 c.c.)

Anche in questo caso la disciplina della responsabilità contrattuale avvantaggia maggiormente i pazienti – creditori.

DANNI RISARCIBILI

Responsabilità contrattuale: il debitore è chiamato a rispondere solo per i danni che poteva prevedere al momento in cui l'obbligazione è sorta (art. 1225).

Responsabilità extracontrattuale: la norma indicata non si può applicare.

La disposizione dell'art. 1225 c.c., quindi, è finalizzata ad evitare che il debitore possa trovarsi esposto a conseguenze più gravi rispetto a quelle che poteva prevedere usando la diligenza media, quando la relativa obbligazione è sorta.

Ne consegue che, ad esclusione di quest'ultima norma, la responsabilità contrattuale avvantaggia maggiormente il paziente, rispetto al medico o alla struttura ospedaliera, basti pensare alla possibilità di agire in giudizio anche proprio prima dello scadere del decimo anno, senza dover provare la sussistenza dell'impropria condotta del medico.

Tribunale di Brindisi

Il giudice pugliese ha preferito la tradizione, escludendo che il riferimento all'art. 2043 c.c., contenuto nell'art. 3 della Legge Balduzzi, abbia soppiantato la teoria del contatto sociale, perchè:

1) il Legislatore avrebbe richiamato il 2043 c.c. per sottolineare la circostanza che fra paziente e medico non è sorto alcun contratto;

2) il Legislatore, con una norma introdotta per giunta in campo penale, non ha comunque espressamente e univocamente limitato la possibilità di ricorrere alla responsabilità contrattuale, preferendo solo quella extracontrattuale;

3) l'esclusione della responsabilità extracontrattuale richiederebbe un'esplicita indicazione, che nel caso specifico è completamente carente.

Tribunale di Milano

Nonostante la Corte di Cassazione si sia espressa sul punto e abbia difeso la teoria del contatto sociale (Cass. Civ. 19/02/2013, n. 4030; 17/04/2014, n. 8940), limitando la portata innovativa della Legge Balduzzi al solo campo penale, il Tribunale meneghino ha sposato la tesi diametralmente opposta:

1) è indubbio che il Legislatore, che con la Legge 189/2012 intende perseguire la riduzione della c.d. medicina difensiva e, di conseguenza, della spesa pubblica, non può aver commesso una svista riferendosi al 2043 c.c.;

2) l'art. 3 della Legge Balduzzi non si occupa solo del rilievo penale della responsabilità medica. Il richiamo al 2043 c.c. non è che uno dei riferimenti alla disciplina civilistica:

2.a) Il terzo comma dello stesso articolo, infatti, estende l'applicazione degli artt. 138 e 139 del Codice delle Assicurazioni (D.Lgs. 209/2005), in materia di liquidazione del danno per i sinistri stradali, anche ai casi di malpractice medica;

2.b) il quinto comma, poi, prevede l'aggiornamento periodico e l'inserimento di specialisti nell'albo dei consulenti tecnici di ufficio;

3) in risposta all'argomentazione secondo la quale l'art. 3 non potrebbe essere applicato fuori del campo penale, alla luce del divieto di interpretazione analogica contenuto nell'art. 14 delle Preleggi, il Tribunale di Milano, risponde che se si superasse in tal modo l'interpretazione letterale della norma, questa diventerebbe illegittima a livello costituzionale. Il perchè è intuibile: la stessa fattispecie astratta verrebbe trattata differentemente (responsabilità contrattuale o extracontrattuale) a seconda che sia passata prima dal vaglio del giudice penale (resp. extracontr.) o meno (resp. Contr.);

4) la circostanza che il medico ospedaliero debba adempiere a degli obblighi derivanti dal contratto sottoscritto con la struttura, che a loro volta discendono dalla legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale (Legge 833/1978), non costringe ad adottare la disciplina della responsabilità contrattuale: il medico non fa altro che svolgere il proprio lavoro, che comporta necessariamente il contatto con l'utenza, con il paziente. Non è un caso che la stessa giurisprudenza, fino al 1999, abbia comunque parlato di responsabilità extracontrattuale;

5) è opportuno preferire l'interpretazione letterale dell'art. 3, poiché il richiamo all'art. 2043 c.c. non è frutto di una svista del Legislatore. Se questi avesse, infatti, voluto richiamare le norme in materia di responsabilità contrattuale, così come era stato previsto dal Decreto legge originario, l'avrebbe potuto fare, ma, escludendo tale ipotesi, ha inteso disegnare, in modo inequivoco, una nuova rotta al futuro interprete;

L'ideale scontro fra le due pronunce non è certamente l'unico, altri tribunali e altri giudici di merito hanno sposato l'una o l'altra tesi.

Una cosa è certa: è necessario fare chiarezza e non è detto che questo compito debba essere demandato alla Suprema Corte.

Sarebbe, infatti, preferibile che sia il Legislatore a prospettare il proprio punto di vista, per evitare ulteriori fraintendimenti e per tentare di far rinascere quell'alleanza terapeutica che oggi sembra assopita, complici, da una parte, la c.d. medicina difensiva e, dall'altra, coloro anche, in modo poco professionale, offrono risarcimenti milionari.

Avvocato Gennaro Marasciuolo del Foro di Trani

 

Le sentenze per esteso del Tribunale di Milano e di Brindisi sono reperibili sul sito:ilcaso.it

 

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