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Pillola n. 3. Riforma della Filiazione: il matrimonio cambia il rito

Chiunque abbia partecipato alla celebrazione di un matrimonio in chiesa (per esperienza diretta, parlerò del matrimonio con il rito Cattolico), sa che alla fine, prima ancora del lancio del riso, il sacerdote legge alcuni articoli del codice civile e più esattamente gli artt. 143, 144 e 147.

Sono le norme che riguardano gli obblighi, i diritti e i doveri che la legge fa discendere dal matrimonio e vengono letti in modo tale che, anche a seguito di altri adempimenti formali, il matrimonio religioso possa avere efficacia anche a livello civile (c.d. matrimonio concordatario).

Se fino al 6 febbraio la lettura dei tre articoli poteva andare bene, dal 7 febbraio, le cose sono leggermente cambiate a causa dell’entrata in vigore del D.Lgs. 154/2013, che ha dato attuazione alla delega contenuta nella Legge 219/2012, completando la c.d. riforma della filiazione.DOWNLOAD PODCAST (tasto destro e "Salva destinazione con nome...")

Invero, si tratta di un effetto “collaterale”, poiché la norma in questione ha modificato l’art. 147 c.c., intitolato, “doveri verso i figli”, così che, dopo aver chiarito che entrambi i coniugi oltre ad avere l’obbligo di mantenere, istruire educare i figli, hanno anche l’obbligo di assisterli moralmente, rinvia esplicitamente all’art. 315 bis c.c..

Da qui la necessità di modificare la formula del rito del matrimonio concordatario con l’introduzione della lettura di quest’ultima norma, integrativa dell’art. 147 c.c..

A questa conclusione è pervenuta la Cei, la Conferenza Episcopale Italiana, con un comunicato del 21 febbraio 2014, con il quale ha invitato “tutti coloro che presiedono il rito del matrimonio concordatario a voler leggere, al termine della celebrazione, il nuovo testo dell’art. 147 del codice civile e, ove si ritenga, anche il testo dell’art. 315-bis del codice civile”.

Ma perché il Governo, quale legislatore delegato, ha sentito la necessità di modificare l’art. 147?

Come ho avuto già modo di scrivere, sia la Legge 219 che il D.Lgs. 154 hanno uno scopo ben preciso: escludere ogni discriminazione fra figli legittimi, naturali e adottivi, introducendo il concetto di unicità dello stato di figlio, indipendentemente dall’esistenza, o meno, di un vincolo giuridico fra i genitori.

Questo scopo è stato tradotto con l’introduzione di nuove norme, con l’abrogazione di altre e con la modifica di altre ancora. Per quello che ci riguarda in questo momento, le norme che afferiscono gi obblighi dei genitori nei confronti dei figli (tutti i figli, senza alcuna distinzione), sono state uniformate e collocate in un’apposita sezione (titolo) del codice civile.

Non aveva più senso disciplinare in un modo i doveri e gli obblighi dei coniugi nei confronti del figlio (con gli artt. 147 e 148 c.c.) e, in un altro modo, i doveri e gli obblighi che sorgono in capo ai genitori solo perché ad. es. conviventi o più semplicemente non uniti in matrimonio fra di loro.

Così il Legislatore delegato (praticamente il Governo, o meglio, la commissione presieduta dal Prof. Bianca) ha pensato bene di modificare l’art. 147 c.c. (ma anche l’art. 148 c.c.) e di rimandare la disciplina degli obblighi e dei doveri dei genitori nei confronti dei figli alle norme introdotte nell’apposita sezione e, quindi, all’art. 315 bis c.c. (e all’art. 316 bis c.c., richiamato dall’art. 148 c.c.).

Le norme alle quali dobbiamo fare riferimento sono le seguenti:

Art. 315-bis. Diritti e doveri del figlio.

Il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni.

Il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti.

Il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano.

Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie capacità, alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa.

Art. 316-bis. Concorso nel mantenimento.

I genitori devono adempiere i loro obblighi nei confronti dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo.

Quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei

figli.

In caso di inadempimento il presidente del tribunale, su istanza di chiunque vi ha interesse, sentito l'inadempiente ed assunte informazioni, può ordinare con decreto che una quota dei redditi dell'obbligato, in proporzione agli stessi, sia versata direttamente all'altro genitore o a chi sopporta le spese per il mantenimento, l'istruzione e l'educazione della prole.

Il decreto, notificato agli interessati ed al terzo debitore, costituisce titolo esecutivo, ma le parti ed il terzo debitore possono proporre opposizione nel termine di venti giorni dalla notifica.

L'opposizione è regolata dalle norme relative all'opposizione al decreto di ingiunzione, in quanto applicabili.

Le parti ed il terzo debitore possono sempre chiedere, con le forme del processo ordinario, la modificazione e la revoca del provvedimento.

Avvocato Gennaro Marasciuolo

Fonte: http://www.chiesacattolica.it/pls/cci_new_v3/v3_s2ew_consultazione.mostra_pagina?id_pagina=54263

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